D’Alema, tra miseria e nobiltà


Una cosa che mi colpisce di D’Alema e che viene fuori da diverse sue interviste, soprattutto nell’ultimo periodo, è la sua brillante capacità di leggere la situazione politica attuale, senza paura di avventurarsi nel disegnare scenari futuri o quantomeno nel prospettarli e la tendenza che spesso porta a compimento, di indulgere nella sbroccata.
Il primo aspetto è tipico della sua intelligenza politica, del suo essere seppur anagraficamente non anziano, un vecchio volpone. Stupisce quindi che un politico di così lungo corso si faccia coinvolgere in manifestazioni di acidià gratuita o sconforto che prestano il fianco all’avversario se non addirittura ne offrano soddisfazioni.
Capitò con Brunetta definito “energumeno tascabile”, con una caduta di stile clamorosa che lo costrinse a chiedere scusa per il termine usato, capita oggi con un certo fastidio per le esternazioni della Serracchiani sugli “apparati” che, visto l’astio del “baffino” sembrano aver colto nel segno: “nuovismo ignorante del quale parlano i giornali” così bolla le fronde giovani ed emergenti nel suo partito, una frase un po’ forte. Mi sarei aspettato un D’Alema che considera la Serracchiani una giovinotta ad impatto zero sulla sua credibilità e quindi nemmeno degna di citazione e invece lui senza nominarla la evoca. E poi Berlusconi, “volgare e inaccettabile” il suo rapporto con le donne, “il suo declino politico è avviato” e si apriranno nuovi scenari “anche imprevedibili”, dichiarazioni che fanno il paio con “le scosse” al Governo alla trasmissione dell’Annunziata.
Tutte dichiarazioni che sembrano voler fugare le voci esistenti da tempo che vedono un D’Alema sponsor occulto del Cavaliere, voci cominciate ai tempi della Bicamerale e mai sopite.
Poi nell’intervista rilasciata a Polito, direttore de Il Riformista, D’Alema fa alcune riflessioni circa l’utilizzo delle Primarie molto interessanti e condivisibili come anche sull’autolesionismo all’interno del PD. Note interessanti che dimostrano quanto alcuni personaggi forse siano stati messi da parte troppo presto a favore di “volti nuovi” che non sembrano poter ancora garantire al partito una riscossa credibile.

Chi guiderà il PD?


Ad Ottobre si terrà il Congresso Nazionale del Partito Democratico dal quale uscirà il nome del nuovo segretario. In lizza ci sono Dario Franceschini e Pierluigi Bersani, due personaggi molto diversi, che incarnano le due anime del partito. Mi dispiace che non si sia concretizzata la terza candidatura, quella di Chiamparino, sindaco di Torino, uomo veramente “nuovo” e proveniente da quella parte pragmatica del PD di cui fanno parte anche Cacciari, l’ex sindaco di Firenze Domenici e altri amministratori “illuminati”. D’altro canto ora Chiamparino, essendosi tirato indietro per continuare a fare il sindaco, avrà meno voce in capitolo nel dibattito che porterà al congresso.
Mi permetto di segnalare come si stiano già distinguendo i giovani che per come la penso io si stanno segnalando in negativo, come la Serracchiani che si lamenta dell'”apparato” e viene da chiedersi “ma chi ti ha messo in lista per le Europee?”.
Questo per il “nuovo” PD sarà un problema. I giovani rampanti che sfruttano l’idea a mio avviso fuorviante del bisogno di svecchiare il partito dal punto di vista anagrafico.
In realtà il partito ha bisogno di nuovi occhi, di intelligenze fresche, che capiscano come va il Paese, che intercettino i bisogni dei cittadini, e in questo discorso, l’età anagrafica conta poco molto di più l’esperienza di amministratori e sindaci che nel paese reale si sono sporcati le mani.
Il sondaggio più recente pubblicato ci dice che Bersani è 16 punti percentuale in vantaggio rispetto a Franceschini e vorrei ben vedere! E’ stato uno dei pochi ministri del governo Prodi all’altezza del suo compito.