Man in the mirror


E’ morto Michael Jackson, è finita un’epoca.
Quando morì Lucio Battisti presi un po’ in giro i miei genitori che si rattristarono quasi come fosse scomparso un parente, oggi forse li capisco di più.
Quando la musica fa da colonna sonora alla tua vita, specie all’adolescenza, quando si è più inclini a diventare “fan” di un gruppo, un musicista, un attore e ci si affeziona ad un suono, ad un’immagine, ad una persona anche esagerando, un po’ come il tifo calcistico.
E allora capita di guardare a ripetizione una videocassetta con un concerto, il dvd con i greatest hits, di svegliarsi ogni mattina con la stessa canzone in sottofondo, di riservare al CD del tuo artista preferito i primi risparmi, di andare a cercare all’estero incisioni rare.
Tutto questo io l’ho fatto per Michael Jackson e non mi vergogno. Conservo  i vinili, i cd originali, il cd mai pubblicato in Italia e acquistato in Germania con i successi dei Jackson 5, la vecchia videocassetta con la sua biografia e l’amarezza per la mancata partecipazione al suo concerto di anni fa a Milano, il tentativo goffo da ragazzo di imitare i suoi passi di danza originali.
Inutile disquisire sul suo genio, su quanto ha inciso nell’evoluzione della musica attuale, se fosse o no il Re del Pop come lui stesso a torto o a ragione si definiva. Inutile che lo faccia io, non sarei obiettivo.
Nonostante probabilmente Jacko non avesse più tanto da dire in musica, viste le sue condizioni fisiche (un Michael Jackson immobile sul palco non sarebbe stato lui), i suoi guai economici e l’affievolirsi della sua vena artistico-creativa oggi è per me un giorno triste.